FILATURE, LANE E SARTORIA
In questa sezione troviamo una serie molto varia di oggetti che ci raccontano come sono cambiati alcuni aspetti della produzione tessile, sia domestica che specializzata, tra Otto e Novecento.
Di fianco all’ingresso vediamo, sul tavolo, diversi attrezzi da sartoria. Oltre alle forbici da stoffa, si notano moltissimi ferri da stiro in ferro battuto o ghisa dotati di uno scompartimento per le braci utile a preservarne il calore. Si tratta di oggetti di uso frequente nella prima metà del Novecento, ma già diffusi alla fine dell'Ottocento. Si notano ferri da sartoria (come i grossi esemplari anche da 9 chili) e una serie di ferri più piccoli sempre alimentati con braci, di uso domestico, utilizzati fino agli anni Settanta del Novecento e anche oltre.
Sono poi presenti molti oggetti legati alla filatura della lana, che era praticata e diffusa in tutti gli ambienti domestici. All’interno dei gruppi famigliari, le donne spesso curavano i diversi stadi di lavorazione di questo materiale.
Le fusaiole e i fusi in legno che vediamo qui esposti erano utilizzati per creare il filo dalla massa lanosa, che poi veniva raccolto in matasse e gomitoli, da utilizzare poi nella fase di tessitura. Per i telai in legno, erano utilizzati attrezzi caratterizzati da due punte alle estremità, con una forma che ricorda quella di una barca. Queste sono le spole, alle quali era ancorato il filo, che poteva essere spostato da una parte all’altra del piano di lavoro durante la tessitura.
È molto probabile che la lana utilizzata per le produzioni casalinghe fino alla prima metà del XX secolo provenisse dalle pecore (anche transumanti) che pascolavano nei pascoli circostanti questi abitati. La lana rappresentò a lungo uno dei materiali centrali per la filatura e la tessitura nelle alte valli liguri. Tra la prima e la seconda metà del Novecento, con la maggior facilità di trovare lane già lavorate e il venir meno di lane grezze locali, queste attività vennero progressivamente abbandonate. Altri materiali lavorati in misura minore erano lino, canapa e anche il cotone.
Le macchine da maglieria che vediamo esposte,ci mostrano come cambiò l’attività della tessitura, in particolare tra le mura domestiche. Dalla metà del Novecento queste macchine si diffusero non solo a Montebruno e Torriglia, ma in moltissime case della nostra penisola e non solo. Tra gli anni ’50 e ’60 l’Italia Settentrionale vide una forte crescita di commercio e produzione tessile, che coinvolse le produzioni domestiche sia nelle pianure, sia delle aree montane, contribuendo in maniera più o meno consistente al reddito delle famiglie. I lavori a maglia così prodotti, infatti, non erano destinati solo alla famiglia, ma soprattutto a rifornire più vaste catene produttive a valle e cittadine.
Di fronte alle macchine da maglieria sono le più note macchine da cucire, che nella prima metà del Novecento si diffusero in tutti gli ambienti domestici. Anche in questo caso i diversi modelli esposti permettono di cogliere i cambiamenti e la progressiva meccanizzazione di questa attività.
Davanti alle macchine da cucire si trova una delle diverse presse per fare il sidro esposte del museo, a testimonianza della diffusione di questa bevanda ottenuta dalla spremitura delle mele.